“L’ANP CONTINUA A SCIVOLARE E A MOSTRARE IL SUO VOLTO REAZIONARIO” di MONICA FONTANELLI

Leggo le parole del Presidente regionale ANP dell’Emilia Romagna: “Occorre partire dai fatti e i fatti si possono anche travisare. Nel nostro Paese i fatti si dimenticano sempre rapidamente e occorre ricordarli agli smemorati….”
Sono d’accordo Presidente, facciamolo allora e smascheriamo la prima “bufala”: non c’è stata alcuna consultazione popolare della riforma, come lei invece afferma, MAI una Legge sulla Scuola ha avuto una opposizione così forte, così tenace, nemmeno la riforma Gelmini. Questa Legge è stata approvata a “colpi di fiducia”, il Parlamento è stato esautorato: “fiducia” e “deleghe in bianco” per una legge che viola principi costituzionali, distrugge la Scuola Pubblica ed è stata imposta al Parlamento con l’arma del ricatto. Non c’è alcuna lettura distorta da parte di chi si oppone, solo consapevolezza e tenace difesa dei valori costituzionali: la Scuola è un bene comune, è di tutti, è per tutti, a Scuola si formano i cittadini. La Scuola è strumento per la mobilità sociale: garantisce l’uguaglianza di opportunità tra i cittadini. Questa riforma annulla nei fatti tutto ciò.
Il suo tono piccato e che ricorda tanto non Putin, ma gerarchi di altri periodi che NOI “contrastivi” ben conosciamo appare, mi consenta, un tantino intimidatorio, nei confronti non solo degli insegnanti, ma anche di quei dirigenti che hanno un’idea di scuola che è quella della Costituzione. Insegnanti e dirigenti che chiedono da anni una riforma, non una contro riforma, non lo smantellamento della scuola pubblica.
Quello che penso delle vostre slide e dei corsi di formazione che proponete è scritto nell’esposto denuncia al Miur inviato da Psp-Partigiani della Scuola Pubblica.
Su un altro punto del suo comunicato mi sento di dover intervenire, lei scrive “Per garantire un servizio di istruzione dignitoso e rispettoso dei bambini, degli alunni, degli studenti, dei cittadini e delle famiglie è necessario il rispetto delle leggi della Repubblica.” No Presidente, le Leggi ingiuste non si rispettano, si combattono. Lei avrebbe “rispettato” le leggi razziali del 1938? Lei impedirebbe l’iscrizione a scuola dei bambini che vivono nelle occupazioni perché, grazie all’articolo 5 del Piano Casa di Renzi, non hanno la residenza e quindi non esiste per loro l’ ”obbligo scolastico”?
Per garantire un servizio di istruzione “dignitoso” serve un progetto, occorre non avere “classi pollaio”, occorrono investimenti, personale qualificato e motivato, occorre cioè che chi ci governa, e gli accoliti che li sostengono, abbiano una visione di società equa, solidale, in cui i meritevoli, e non gli amici, possono raggiungere i più alti gradi dell’istruzione e abbiano per questo ruoli di responsabilità nel Paese. Occorre, cioè, un’idea del Paese e del modo in cui si governa che appartiene al pensiero democratico di cui è impregnata la nostra Costituzione e non certo, come indicano le vostre slide, dibattiti collegiali contenuti e che ratifichino semplicemente le disposizioni del preside-sovrano. Il quale, sempre secondo le vostre slide, essendo dotato di un sapere superiore si trova giustamente ad una distanza stellare da quei miserabili docenti che, per il loro sapere inferiore, non meritano ai suoi occhi neppure lo stipendio più misero d’Europa che ricevono oggi (se sono precari neanche quello).
Una scuola verticistica, aziendale, senza docenti “contrastivi”, come piace a voi dell’Anp chiamarci, è il passo necessario per chi vuole distruggere anche nel Paese i principi elementari della democrazia. Noi, che lottiamo per la Scuola, non ci stiamo.

foto di Psp - Partigiani Della Scuola Pubblica.

IL VALORE MORALE E CIVILE DELLA DISSIDENZA

Di Prof.ssa Giovinazzo Rosanna, Referente PSP- Partigiani della Scuola Pubblica- Comitato docenti della Piana di Gioia Tauro.
“Credo che mai, come in questo momento, i docenti abbiano avuto la stessa grande responsabilità morale e civile che devono (e sottolineo DEVONO) avere adesso. Ma prima, stante la loro enorme divisione, nonostante il 5 maggio, devono maturare la convinzione che il declino della scuola italiana non riguarderà soltanto la loro già svilita condizione di docente, ma comporterà un ulteriore degrado di tutta la società.
Bisognerà scegliere il modello di scuola, e conseguentemente di società, più coraggioso. Il modello della disuguaglianza, della discriminazione, della fabbricazione di individui confezionati in base a un’ideologia tecnocratica e plutocratica, che sottende alla legge 107/2015, dovrà essere sostituito dal modello dell’uguaglianza, della difesa di una visione universalistica dell’istruzione, che mira alla formazione di persone libere, dotandole degli strumenti conoscitivi adatti a una libera scelta del loro futuro.
E questo proprio perché la scuola deve, per la sua precipua essenza, mirare ad una società di eguali (nei diritti, nella dignità, nel lavoro) e perché non si può svolgere il lavoro di docente se non nella prospettiva di una società migliore.
Il primo modello è quello dominante, evidentemente anche tra noi docenti stessi, nonostante lo sciopero del 5 maggio al quale abbiamo aderito in massa (evidentemente molti di noi abbiamo colto, di questa legge orrenda, solo quegli aspetti ritenuti dannosi per il nostro egoistico interesse, non per la collettività), stante il comportamento ubbidiente e remissivo di queste prime settimane di anno scolastico, tornato tale e quale a com’era prima dell’entrata in vigore della legge stessa.
Eppure, le parole, orrende anch’esse per un contesto scuola, che fanno da sfondo a questo modello di scuola e di società sono: meritocrazia, valutazione, efficienza, efficacia, prodotto, aziendalizzazione, manager ecc. ecc. Ma noi, anzi voi, le accettate passivamente, senza alzare la testa, senza avere il coraggio di dire NO, adducendo il famigerato e ingiustificabile “Tanto non cambierà niente”. Ed invece bisogna avere il coraggio di cambiare le cose e saper dire No nelle nostre sedi di lavoro. Non si tratta di un NO irriverente nei confronti dell’istituzione scuola, ma di un NO, simile ai tanti NO che un genitore deve saper dire al proprio figlio quando quel NO significa la sua salvezza. Allora si dica NO nei collegi docenti: al Comitato di valutazione così come contemplato nella 107/2015; ai documenti di aria fritta infarciti di “pedagogese” e di paroloni lontani dalle vere esigenze dei nostri studenti; alle passerelle di tutti i generi; al mettere in vetrina l’”offerta formativa” delle scuole, alla stessa stregua di un prodotto aziendale; alla scuola progettificio che fa guadagnare tanti soldini ai soliti intelligenti furbastri; alle prove INVALSI, estremamente discutibili, che limitano fortemente i docenti nella propria autonomia professionale, determinando gli obiettivi didattici e controllando gli istituti scolastici che ad essi non si conformino; a tutte le trovate per gravare di lavoro impossibile chi lo fa con coscienza (BES et similia). Insomma, si dica NO alla scuola così com’è e si lotti per la scuola come dovrebbe essere. Partire dal NO è conditio sine qua non verso una scuola libera, aperta, formativa, giusta. Il momento è delicatissimo, ora, adesso, in questo preciso istante, tutti dovremmo convincerci dell’enorme inganno cui siamo stati soggetti. Mi rendo conto che per dire NO bisogna avere una almeno sufficiente autostima. Ed allora, se non ce l’abbiamo, acquisiamola. Intanto, quei pochi coraggiosi colleghi che pur ci sono nelle scuole, vanno incoraggiati, affinché spronino i colleghi più timorosi ad imparare a dire NO. Ed allora sì, la lotta vera sarà iniziata.